A Praga

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A Praga

Andare a Praga prima della caduta del muro di Berlino non era certo casa facile, tanto meno per chi pensava di non dover subire alcun tipo di limitazione nel professare la religione cattolica.
Operavano in quel periodo a Fabriano due signori che, mi sembra per conto dell’ARCI , organizzavano viaggi per la Cecoslovacchia con meta principale Praga . Tutto avveniva con l’etichetta di scambi culturali o sportivi. Un modo intelligente ed anche economico per visitare una capitale stupenda come Praga e tante altre bellezze Ceche. Certo non mancavano gli inconvenienti. Si narrava allora che una nota azienda fabrianese organizzò la sua gita aziendale con questo meccanismo. Meravigliò i partecipanti il fatto che nei consigli distribuiti loro per il viaggio si suggeriva di portare tenuta e racchette da tennis. Una volta in Cecoslovacchia alcuni gitanti , tra i più prestanti fisicamente, giocarono veramente delle partite a tennis, ma con dei ragazzini di undici- dodici anni che li bersagliarono con sibilanti palle tra l’ilarità  di un folto pubblico.
Nel 1984 ci fu offerta , come Coro S. Cecilia, la possibilità  di andare in Cecoslovacchia per una tournèe sotto forma di scambio culturale. Breve riunione di consiglio. Don Ugo esprimeva con l’atteggiamento del viso viva preoccupazione, ma dagli occhi, divenuti ancora più piccoli del solito, una gran voglia di andare. Guardando quell’espressione buffa mi scappò spontaneo un “don U’ provamoce”. Il 14 settembre.dopo una lunga e approfondita preparazione ed un pesante sforzo organizzativo partivamo per la Cecoslovacchia con base a Praga ed in compagnia dei due Bernardoni e Riccioni (Renzo e Ferruccio) per una esperienza che risultò meravigliosa, ma della quale non riuscimmo mai a sapere con chi fummo scambiati perchè nessuna corale Ceca fu mai da noi ospitata, forse ci scambiarono con una squadra di calcio. Queste erano le magie di quei due simpatici signori.
Raccontare aneddoti , emozioni ed anche successi di quella tournèe sarebbe veramente una lunga storia, ma una piccola avventura la voglio raccontare.
Era stato raccomandato a don Ugo, prima della partenza, di evitare negli atteggiamenti e soprattutto nell’abbigliamento segni che potessero far capire che fosse un sacerdote. Se non si fosse trattato di un prete che indossava quasi esclusivamente la tonaca e raramente un rigido e severo clergyman, come don Ugo, la cosa poteva risultare abbastanza facile, ma a Praga per vestire don Ugo ci volle la collaborazione e la buona volontà  di tutto il settore uomini della corale. Risultato, ogni mattina a colazione tutti aspettavano don Ugo per vedere come era vestito, e ogni mattina risate a non finire per le combinazioni indossate, ma soprattutto per il modo con cui venivano portate.
Mancavano due giorni alla partenza, era di domenica e ci si preparava per un giornata da trascorre in libertà  per le vie di Praga. Si va quasi in gruppo fino al Museo Nazionale poi per un ampio viale, con poche soste poichè poche erano le vetrine di interesse femminile, ci si immerge per la città  vecchia. Con don Ugo il consueto gruppo dei fedelissimi.
Alla piazza della città  vecchia ci si ritrova quasi tutti. L’insieme dei palazzi gotici, rinascimentali e barocchi formano un insieme incantevole che ti invita a restare, guardarti intorno, passeggiare e colloquiare in amicizia come nel piu’ grande salotto buono del mondo. E’ proprio nel parlare in questa piazza, prima di incamminarci per andare a vedere il famoso orologio astronomico, che è li a due passi,che don Ugo ci lascia esterefatti con una sua richiesta: vedete ragazzi, oggi non ho detto la S. Messa, come ho fatto tutti i giorni, perchè volevo cercare una chiesa per celebrarla per voi tutti insieme. Conoscendo la tenacia di quel prete per certe cose, personalmente cominciai a preoccuparmi.
Cercai di capire come avesse fatto a dire Messa tutte le mattine, semplice è stata la risposta. Aveva portato dall’ Italia alcune piccole ostie, un po’ di vino, un piccolo messale ed un piccolo Crocifisso, con queste poche cose e con la compagnia del fido Pietro, che fungeva da chierichetto, chiuso in camera , tutte le mattine aveva celebrato la S: Messa.
Ora veniva il bello poichè con nessun tipo di argomentazione riuscimmo a convincerlo che poteva esistere al mondo una città , pur con le sue tante chiese, dove non si potesse celebrare liberamente una funzione sacra. Iniziammo così nel primo pomeriggio un lungo peregrinare per tutti i quartieri della vecchia Praga alla ricerca di una chiesa aperta e disponibile. Niente da fare. Verso le cinque don Ugo ebbe la brillante idea di rivolgersi al Cardinale di Praga. Ci volle del bello e del buono per convincerlo che il cardinale viveva in una specie di segregazione ed era impossibile contattarlo. Erano quasi le sei quando, per nostra fortuna e forse anche del cardinale, trovammo nei pressi di Ponte Carlo una chiesetta aperta. Entrammo tutti insieme, il nostro vociare fece uscire da dietro l’altare maggiore un prete.
Fu subito silenzio e incredulità . Don Ugo, sorridendo e avanzando con il suo modo quasi claudicante tipico della stanchezza, abbordò quel prete tentando in maniera buffa varie lingue trovando in fine una perfetta sintonia parlando latino. La chiesa era aperta perchè nel suo organo antico aveva suonato per molto tempo Mozart, quindi meta di visitatori. Era una delle poche chiese di Praga autorizzate a dire una sola messa la domenica, messa che era già  stata celebrata la mattina. Quindi niente da fare. Quel mal capitato prete non conosceva però don Ugo. Cominciò tutta una manovra accerchiante. Visita collettiva all’ organo con l’esternazione di una serie infinita di plausi ed elogi, prova a cantare accompagnati dal famoso organo e cosi di seguito fino ad ammirare qualsiasi cosa di quella chiesa, ma l’intercalare era sempre quello che bello! Hii che grazioso ! Alle diciotto e trenta circa il prete cecoslovacco comincia a chiudere un porta, poi un’altra, poi sbarra delle finestre, noi ci guardiamo ottoniti, don Ugo con una mano appoggiata alla balaustra dell’ altar maggiore sorride, ha capito che la battaglia è vinta. Il povero prete torna verso l’ altare, don Ugo lo segue a testa bassa e a mani giunte. Dopo due minuti escono parati per la S: Messa. Don Ugo ci raccomanda il massimo silenzio perchè il rischio per il suo confratello è grande, ma intona “O Sacrum Convivium” di Perosi a quattro voci.

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