LA CORALE “SANTA CECILIA”

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LA CORALE “SANTA CECILIA”

In una splendida cornice di sole è iniziata e in una splendida cornice di sole si è conclusa la visita della corale “Santa Cecilia” di Fabriano a Santa Lucia di Piave, il paese della millenaria fiera alle porte di Conegliano Veneto. La formazione, diretta per l’ultima volta dal maestro Marcello Marini, è stata ospite d’onore alla rassegna “Andar per cori”, dove si è esibita assieme al coro locale “I Cantori di Sottoselva”. Il pubblico che affollava la sala ha avuto così modo di apprezzare non solo la varietà del repertorio del coro marchigiano, ma soprattutto la qualità delle voci e l’abilità del maestro nell’amalgamarle e nel traghettarle con naturalezza dai registri esuberanti a quelli più intimi e sommessi. Lo stesso dicasi per il servizio liturgico che il coro ha offerto il giorno dopo nell’arcipretale del paese, dedicata a Santa Lucia e dal 1994, diventata santuario del Beato Claudio, il primo scultore nella storia della chiesa assurto agli onori dell’altare.

Il Beato Claudio, alias Fra’ Claudio, alias Riccardo Granzotto nacque a Santa Lucia di Piave nel 1900 e a Santa Lucia visse ed operò fino al 1933, quando maturò la decisione di abbandonare la vita secolare per farsi frate francescano, continuando però a scolpire, perché per lui l’arte era un gradino per salire a Dio. Nell’arcipretale i coristi hanno avuto modo di ammirare due sue statue in marmo di Carrara: l’inquietante diavolo dell’acquasantiera e la Lucia martire con lo sguardo rapito dalla contemplazione mistica dell’aldilà.

Dopo aver rigenerato lo spirito, il Coro “Santa Cecilia” non ha disdegnato l’invito dei Cantori di Sottoselva a ritemprare il corpo, lanciandosi a briglia sciolta in una cavalcata enogastronomica attraverso le specialità e le tradizioni locali. Il tutto all’interno degli ambienti messi a disposizione dall’Azienda Collalto, proprietà della nobile famiglia che tra i suoi antenati annovera quel Rambaldo XIII di Collalto che nel 1629 guidò l’esercito imperiale attraverso il ducato di Milano, lasciandovi come traccia di lumaca la famosa peste de “I promessi sposi”. Canti durante il simposio e canti al momento dell’addio hanno infine suggellato, con quella forza socializzante che solo la musica possiede, la bellezza dell’amicizia e la gioia dello stare assieme.

 

Roberto Gerometta

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