Speciale Don Ugo Carletti 2a parte

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Speciale Don Ugo Carletti 2a parte

In ricordo di Don Ugo

 

Frequentavo il primo anno di ragioneria ,allora presso il San Benedetto, ed il mio insegnate di religione era proprio Don Ugo, che durante la lezione ,nei minuti di pausa ,faceva ‘reclutamento’ di voci per il suo coro. Ricordo che ci accordammo in tre per provare ,e la cosa sarebbe avvenuta con una audizione (allora era una provina!) fissata dal maestro in una delle prove preserali. Alla fine io e un altro siamo stati posizionati nella sezione dei tenori, il terzo nella sezione dei bassi ; abili ed arruolati. Dopo una serie di prove sia singole che d’insieme, arriva il battesimo del fuoco : rassegna musicale dell’ ORSAM a Roma presso l’auditorium Santa Cecilia. Ricordo l’euforia per il viaggio nella capitale (paragonabile oggi come a un viaggio a New York,non avevamo una lira a capoccia!!) e la fifa della prima volta. Ma la tensione e la fifa dell’attimo prima del concerto era una caratteristica anche del maestro, benché veterano ,perché per il suo carattere era sempre la prima volta. Mi vengono in mente le prove separate per sezione nell’’abitazione di Don Ugo presso il palazzo Vallemani, noi ben coperti nel periodo invernale perché, essendo il riscaldamento condominiale, lo spegnimento dello stesso avveniva presto e pertanto si era costretti a provare al “ freddo e al gelo” mentre lui imperterrito continuava a pestare sui tasti del pianoforte avvolto nel mitico scialle nero di lana. Ringrazio ancora Don Ugo per avermi fatto innamorare della musica polifonica ,ma soprattutto di avermi fatto entrare in questo splendido coro dove ho passato momenti belli della mia gioventù e dove ora, ritornando dopo anni di assenza , ho ritrovato amici coristi vecchi e nuovi ed il maestro Marini ,preparato e competente, con cui sto riassaporando il gusto di cantare riappropriandomi di soddisfazioni che solo il canto corale sa dare.

 

L.Paglialunga

I miei ricordi di Don Ugo

 

I miei ricordi di Don Ugo risalgono a quando, in prima elementare e come mio insegnante di Religione, mi scelse per far parte dei suoi “pueri cantores”, antesignani di quei cantanti in erba che, cinquant’anni dopo, avrebbero preso il nome di “Le Verdi Note”. Lo incontrai di nuovo qualche anno dopo allorchè, liceale e con la voce oramai matura, mi “impose” di far parte del “Coro di Santa Cecilia” con la voce da “basso”. Io, che non riuscivo neanche a ricoprire il registro di baritono, avevo non poche difficoltà. Gliele feci presente ma lui, irremovibile, sentenziò che, se solo mi fossi impegnato di più, ci sarei riuscito e, in ogni caso, prendere o lasciare. Ovviamente lasciai. Passarono altri cinque anni e, di ritorno dalla mia parentesi universitaria, lo incontrai ancora. Mi propose di tornare ed io, garbatamente, declinai l’invito facendogli presente che da basso non riuscivo proprio a cantare. E lui, con la sua faccia da fanciullo impertinente, s’allargò in un serafico sorriso ed esclamo’ :”E chi dice che tu debba cantare da basso, adesso mi servono i tenori….”.Ecco, di Don Ugo mi piace ricordare questo aspetto della sua personalità, la sua scanzonatezza, la sua disarmante ma solo apparente ingenuità, la sua leggerezza che sfoggiava anche nelle occasioni difficili, quel suo riscoprire e valorizzare sempre il “fanciullino” che è dentro ciascuno di noi e che nel suo caso aveva sempre il sopravvento. Non potrò mai dimenticare uno dei nostri ultimi incontri, poco tempo prima della malattia che ce lo ha tolto. Mi stavo ripulendo le scarpe che, sbadatamente, avevo appoggiato sopra gli escrementi di un cane. Lui nel vedermi esplose in una fragorosa risata e poi quasi si piegò in due, senza poter riprendere fiato dal tanto ridere.Mi manchi Don Ugo, ma grazie per aver attraversato parte della mia vita con la tua contagiosa gioia di vivere.

 

Maurizio Cicconcelli

 

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