Terra Santa

Terra Santa

Ogni volta che parli con chi e tornato da un pellegrinaggio in Terra Santa, ti dice che è un’esperienza da fare assolutamente e poco racconta. Approfittando della tournèe del coro,ho potuto constatare quello che c’è di straordinario in questa Terra. L’ho sempre considerato il viaggio della vita. E riporto i miei appunti.

VIAGGIO: Per prima cosa,bisogna sfatare la pericolosità. Il pellegrino, da quelle parti, è una formidabile risorsa economica; tutti ti salutano cordialmente e nessuno ti infastidisce. I controlli ci sono e ferrei, anche a tua protezione; di stronati, in tempo di fanatismo, ce ne possono essere dovunque. Ma i giovani soldati, si fanno volentieri fotografare, con le ragazze.

Ogni pellegrinaggio deve iniziare con l’animo giusto,quello che ogni cristiano dovrebbe avere: un desiderio che si sta per realizzare. Anche se lo si affronta come un viaggio di piacere, non se ne uscirà indenne, con le solite foto di rito, presto dimenticate. I primi pellegrini impiegavano mesi per raggiungere la Terra Santa e spesso non ci arrivavano, sbranati prima. I templari, avevano proprio il compito di proteggerli. Adesso si prende l’aereo e dopo tre ore, sei in un altro mondo,dove non ci si vergogna di manifestare il proprio credo, con gli abiti e l’atteggiamento.

GUIDE: Noi ne avevamo di eccezionali. Don Aldo, era al suo trentanovesimo pellegrinaggio, sempre con immutato entusiasmo. Ha tanti amici anche li. È infaticabile,entusiasta, allegro,commovente, paziente,dalla parola elegante ed educata,come è la sua personalità. Guida con autorevolezza massima, in un viaggio straordinario. Questa volta, poi è affiancato da don Alfredo profondo studioso di Sacra Scrittura, mentre la messa quotidiana era celebrata da don Lorenzo, priore di San Silvestro,in pellegrinaggio per i quaranta anni di sacerdozio. Con questi, era facile prevedere che si sarebbero raggiunte vette mistiche. Non credo che sia la stessa cosa con guide laiche.

EMOZIONI. E’ Un viaggio lungo il Vangelo, alla scoperta dei luoghi narrati, che inizia con l’Annunciazione proprio li dove è avvenuta, in una piccola grotta, rimasta senza la facciata, trasferita a Loreto. Le case erano scavate nella roccia e le pietre si toccano come se avessero tanto da raccontarti. In tutti i Luoghi Santi si è letto il brano degli avvenimenti accaduti li,proprio li. Il coro, con i brani più adatti al momento, emozionava anche gli altri pellegrini.

Cafarnao, Tiberiade, le grotte dei maccabei e degli zeloti, la piana dove sono stati sconfitti definitivamente i crociati. A Cana le coppie si riscambiano le promesse nuziali ed è meglio della prima volta, con commosso trasporto, dopo tanti anni. Sul Giodano si rinnova il battesimo. Non puoi resistere ad entrarci a toccarlo, nella sua affluenza nel lago di Tiberiade, in Galilea, durante un tramonto pazzesco. Lungo la valle del Giordano, in mezzo al deserto di Giuda, rocce e colline riarse, tra cammelli e accampamenti desolati; poi, all’improvviso, verde e palme: sono i kibbutz ebraici, gente che ha trasformato anche il deserto. In alto, le orride grotte delle Tentazioni e più a sud, Qumran, con le grotte degli Esseni, stirpe eletta, alla ricerca di Dio. Dal libro Gesù di Nazareth di Papa Benedetto traggo la seguente frase, che mi martellava mentre ero li: “…comunità che aveva costituito un ricco patrimonio di scritti re rituali propri, in particolari di abluzioni liturgiche ..sembra che Giovanni Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità..non è da escludere che Giovanni abbia vissuto e qui ricevuto la sua formazione religiosa.” Ecco perché, come impazzito, scattavo foto a ripetizione. Fratelli maggiori.

Alla fine del deserto si arriva a Gerico, dove esiste ancora il sicomoro su cui era salito Zaccheo, ma anche tanti occhioni di bambini orfani ospiti di un istituto religioso (cattolico ovviamente). Tante bandiere palestinesi E’ stata una piacevole sorpresa scoprire la simpatia di questo popolo, con i negozianti che parlavano perfettamente italiano e praticavano sconti extra e regalini agli juventini. Un bagno nel mar Morto, dove tutti galleggiano, senza offesa. Ma ecco alla sera, l’arrivo a Betlemme, dopo l’attraversamento del muro. Non è ornata di trofei, come la poesia delle elementari, anzi è piuttosto sgaruppata. Praticamente tutta mussulmana, al punto tale che una sera in taxi, per arrivare presto al concerto del coro, ci siamo imbattuti in uno strano autista, che invece di andare verso la basilica della Natività, che è in centro, diceva di aver capito ed era partito sparato verso la periferia e il deserto, con tanto di musichetta araba, tra la nostra disperazione. Venanzio che zompava, sul sedile anteriore, sbattendo il vestito del coro che doveva portare alla figlia e io,con il mio inglese fabrianesizzato, che gli gridavo che quello era l’unico posto importante di Betlemme e non era possibile che non sapesse dove fosse. Don Aldo, serafico, affermava che anche questa era la Terra Santa. Alla fine, abbiamo riconosciuto la strada e l’abbiamo guidato, altrimenti eravamo ancora a girare per il deserto di Giuda, al servizio dei cammellieri, ma con don Aldo sempre sereno.

A Betlemme, come in tutti i luoghi, devi immaginarti come era duemila anni fa. Ma quando ti trovi davanti alla stella che indica il punto dove era Gesù Bambino, è difficile trattenere il groppo e l’emozione. Tutti ritornano bambini, con l’essenza del Natale.

C’è qui un istituto (Paolo VI) per bambini sordi, retto da suore. La direttrice vicentina,ci illustra l’attività, i successi, ma va a fare una conversione, poi vedi. Ci fa un quadro della situazione, non certo idilliaca per i cristiani. Secondo lei però, i popoli vogliono vivere in pace.

GERUSALEMME. “Quale gioia quando mi dissero, andremo alla casa del Signore. E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme”. E’ un brano del salmo 121. Ora, nostri piedi, miseri e tremebondi, sono proprio davanti a una delle porte, con le mura forti, pronti ad entrare nella Città Santa. Tutte le confessioni monoteistiche, la considerano tale e se per gli ebrei e per i cristiani è ovvio,per i mussulmani non è la terra delle origini della loro fede, ma è comunque considerata santa anche questa. E’ per questa contesa che da millenni c’è lotta. Mentre la prima chiesa si sviluppava e partiva da qui, gli ebrei venivano dispersi dai romani nel 135, con il tempio già definitivamente distrutto, nel 70, da Tito. Costantino dal 313 e i bizantini poi, danno la loro fortissima impronta ai Luoghi Santi, ma nel 638, arrivano gli arabi e i guai per i cristiani, fino alla distruzione del Santo Sepolcro nel 1095. La risposta furono le crociate, nella prima fase, necessarie per evitare la scomparsa dei Luoghi Santi, poi degenerate in lotte di potere. Nel 1187, ai corni di Hattin, Saladino, fa strage dell’esercito crociato. La Terra del latte e del miele Promessa, è stata, da sempre, concimata con tanto sangue. Ci pensò San Francesco a mediare con i mussulmani ed ottenere la custodia francescana dei Luoghi Santi, insieme alle altre chiese cristiane, molto pittoresche nel vestire e nei riti. I nostri francescani fanno tenerezza, nella loro semplicità. Per sancire l’intoccabilità del pellegrino, le chiavi del Santo Sepolcro, sono ancora oggi in mano ad una famiglia mussulmana. Una sera, ho assistito al rito della chiusura della basilica e la consegna della chiave, con brividi lungo la schiena. Ovviamente, durante l’espansione mussulmana,le moschee e i minareti sono fioriti ovunque, con vari tentativi di piazzarli davanti le basiliche, in tutto Israele. I muezzin, intonano le preghiere dalle 4 e mezzo della mattina. Oggi,la foto simbolo di Gerusalemme, è quella con la moschea di Omar in bella vista, sopra le rovine del Tempio. Così fino al 1947 con la creazione dello stato di Israele e il ritorno degli ebrei nella Terra Promessa dopo quasi due millenni di persecuzione. Il resto è storia di tutti i giorni.

Gerusalemme è proprio una bella città. Vista dal Monte degli Ulivi, dall’albergo dove alloggiavamo è uno spettacolo unico, incredibile. Ma è tra la gente che è bello stare. Ebrei e musulmani si identificano nella loro religiosità,per noi è quasi da nascondere. In Israele, sembra che non sia concepibile non avere un credo religioso. Tra quattro milioni di ebrei e due di mussulmani i centocinquantamila cristiani sembrano schiacciati, ma possono confidare su milioni di pellegrini che ogni anno si riversano qui. La messa in latino, lingua ufficiale della Chiesa cattolica, permette di far partecipare tutte le lingue, nelle preghiere. Ci voleva un Papa tedesco per accorgesene.

Nel souq, un dedalo di viuzze piene di negozietti dove vendono di tutto, si impara presto a contrattare con ferocia. Purtroppo, al venerdì, quando i cattolici fanno continue processioni lungo la via Crucis, che per un tratto passa di li, c’è chi non si comporta bene. C’è chi alza il volume della musica per coprire le preghiere, due giovinastri, mi sono passati vicino sussurrando, in italiano “carta igienica, carta igienica”. Ma noi che avevamo già visitato l’orto degli Ulivi, la Crocifissione e c’eravamo strascinati sul Sepolcro, era come se ci facessero partecipare alle offese subite da Gesù, senza paragone nella violenza.

Era il periodo della festa ebraica delle capanne, in ricordo degli anni vissuti nel deserto durante l’Esodo, più di tremila anni fa. In giro c’erano tantissimi ebrei ortodossi, con incredibili cappelli, di forgia volutamente ridicola per umiliarsi, tutti di nero, con le donne sposate, rasate e imparruccate, circondate da un numero incredibile di figli. La fede fortissima, ha permesso di conservare, tra le orribili traversie che conosciamo, dispersi nel mondo, la lingua e le tradizioni, comprese la genealogia sacerdotale, vecchia di millenni. L’identità del popolo stesso. Tutti sono orgogliosi di far vedere l’attaccamento alle loro radici, anche i giovani che per i vicoli, cantavano gioiosi per la festa. Al Muro del Pianto, in verità, non si va per piangere, ma migliaia di persone, di tutte le età pregano fitto fitto, su quello che rimane del Tempio, sotto la moschea troneggiante. Dentro la grotta il rimbombare assordante delle preghiere, dei salmi, fa sentire forte la presenza di Dio. Sembrava di sognare in una situazione irreale. Veramente, a confronto dei mussulmani e degli ebrei, la fede espressa nelle nostre città sembra quasi timorosa e clandestina. Ma qui anche i cristiani si comportano adeguatamente. La sorella e il marito, di una nostra amica, vivono a Gerusalemme da quattro anni, appena pensionati e gestiscono una casa accoglienza dei neocatecumenali, che arrivano da tutto il mondo. Ci sono venuti a trovare in albergo e la mia impressione sulla situazione generale, mi viene da loro confermata;in Terra Santa, l’ebraismo è assediato e il cristianesimo soffocato. E’ per tale motivo che bisogna incentivare i pellegrinaggi, per non lasciarli soli.

CORO. Questa volta, dismetto i panni di narratore ufficiale delle gesta del coro. Come commentare se hanno cantato in tutti i Luoghi Santi e tenuti due concerti gremiti, uno nella Basilica della Natività a Betlemme e a Gerusalemme? Forse bastava guardare la soddisfazione di padre Armando, organista del santo Sepolcro, che li ha voluti qui e la gente che chiedeva dei dischi da comprare, oppure gli agenti delle agenzie di viaggio che seguendoli e apprezzandoli, proponevano altre mete. Durante il concerto a Betlemme, ho pensato alla soddisfazione di don Ugo, fondatore del coro. Non poteva immaginare che il suo coro, avrebbe avuto il massimo onore di cantare qui e la settimana prima a Roma, con il Papa, all’apertura del Sinodo dei Vescovi, su invito della Cappella Sistina. Penso che sia un onore anche per tutti quelli che, nel corso di cinque decenni, ne hanno fatto parte, contribuendo alla sua grandezza. Ma anche una bella pubblicità, per tutta la nostra città derelitta, se gli amministratori se ne accorgessero.

Don Aldo, sul pullman per l’aeroporto, affermava che finiva la prima parte del pellegrinaggio ed iniziava la seconda, che avrebbe dovuto durare tutta la vita. Io sono rimasto sul monte Tabor, come avrebbe voluto fare Pietro, lontano dai guai e dalle preoccupazioni. Corazzato.

 

 

MARCELLO LATINI

 

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